Gusti chiari, lineari, decisi. E’ la filosofia gastronomica di Almatò, insegna del quartiere Prati che punta su materie prime sostenibili e una “nuova tradizione”, connubio tra ricerca creativa e rispetto dei sapori. Lo chef Tommaso Venuti, il restaurant manager Manfredi Custureri e Alberto Martelli, amici uniti dalla passione per il buon cibo, hanno dato vita a un locale che si distingue per l’originalità di piatti che cambiano in base all’offerta del mercato.
Nato dall’unione delle iniziali dei tre soci, Almatò nel giro di pochi anni è divenuto luogo di riferimento per gli amanti della buona tavola. “La nostra cucina è cambiata molto nel tempo: puntiamo su idee caratterizzate dall’unione tra ricerca e tradizione, lavorando ora su piatti dal gusto intenso e al tempo stesso raffinato, ma senza dimenticare chi siamo, portandoci quindi dietro il valore della tradizione”, sottolinea lo chef Venuti che, dopo aver frequentato l’ALMA (la scuola internazionale di cucina italiana), ha lavorato nelle cucine di Villa Crespi con Cannavacciuolo, a Londra presso il Marcus Wearing Restaurant, infine con Heinz Beck a La Pergola Rome Cavalieri.
La filosofia che contraddistingue Almatò punta sulla varietà degli ingredienti, sulla qualità delle lavorazioni delle materie prime, sulla ricerca e valorizzazione di elementi solo apparentemente poco nobili che vengono impreziositi dalla brigata di cucina, sul gioco di consistenze per sfruttare tutto il potenziale di ogni prodotto. Un approccio che trova espressione nei tre percorsi di degustazione da cinque, sette e nove portare e nelle scelte alla carta.
Da Almatò vige la “Regola del 3”: tre opzioni per ogni tipologia di portata. Si parte dagli antipasti e in questo caso la menzione d’obbligo è per l’Animella Tonnata: una interpretazione del tipico piatto piemontese resa originale da un protagonista inusuale e dalla combinazione di sapori con il gel di sidro e le due consistenze di cappero. Il legame tra gusto moderno e tradizione è rappresentato, tra i primi, dallo Spaghetto broccolo e alici piuttosto che il risotto agnello, melograno e dragoncello (foto in alto a sinistra).
Tra i secondi ci si imbatte in proposte come l’Anatra, porro e daikon (foto in basso a destra), un riuscito omaggio alla cacciagione, un must per i tre soci del locale. Una lavorazione semplici origina un gusto deciso e consente di dar vita a un piatto ricco di contrasti grazie al porro, la maionese stout, la sapidità e croccantezza del daikon. Tra i dessert c’è uno dei manifesti gastronomici di Almatò, Gianni (in alto a destra). Si tratta di un dolce presente in menu sin dall’apertura del ristorante, nel 2020, che cambia anch’esso seguendo il corso delle stagioni: un “posacenere” su cui è adagiato un sigaro di cioccolato con a fianco un’altra piacevole sorpresa affumicata che gioca con l’abbinamento delle varie creme e consistenze (foto in alto a destra).
Grande attenzione è dedicata al servizio di sala dal team guidato da Riccardo Robbio, maître e sommelier, giunto a questa nuova sfida professionale dopo i trascorsi da Kai Mayfair a Londra, Imàgo all’Hassler, La Pergola Rome Cavalieri e Pipero a Roma. Un servizio informale ma professionale, empatico ma competente consente di curare i 18 coperti del locale proponendo interessanti abbinamenti grazie a una carta dei vini da oltre 100 etichette, che guarda anche all’estero, in particolare Spagna e Nuova Zelanda.