Pasquale Pometto: basta Dpcm, dal 15 gennaio aperti a pranzo e cena

Pasquale Pometto: basta Dpcm, dal 15 gennaio aperti a pranzo e cena

Dopo la minaccia di Class action di Gianfranco Vissani, arriva l’invito alla disobbedienza civile di Pasquale Pometto. Con un post su Instagram, il pizzaiolo calabrese – proprietario di diversi locali a Milano – annuncia una “decisione estrema”: dal 15 gennaio restare aperti a pranzo e cena al di là delle nuove restrizioni che potrebbe arrivare col prossimo Dpcm, che dovrebbe vedere la luce proprio per quella data, e nonostante la Lombardia sia orientata a tornare in zona rossa.

“Basta Dpcm, spero che tutti i ristoratori seguiranno questa idea”, scrive ancora Pometto chiamando a raccolta come un neo Masaniello l’intera categoria nazionale. Il suo appello alla disobbedienza arriva nello stesso giorno in cui anche Fipe, l’associazione di categoria di Confcommercio, dice “basta, la misura è colma” e minaccia la piazza. “Non ne possiamo veramente più. Nessuno ci coinvolge e la mattina ci vediamo le notizie sui giornali”, dice il direttore generale Roberto Calugi, commentando l’ipotesi di un’altra stretta anche sull’asporto. “Se ci sono dei bar e dei ristoranti, come anche dei supermercati che sbagliano e non applicano le regole, chiudeteli, ma non potete massacrare un’intera categoria in questo modo. C’è gente che si è tolta la vita, tanti non reggono più a livello psicologico, non si può scherzare sulla pelle delle persone in questa maniera”, rimarca Calugi.

Anche Fiepet denuncia che “bar e ristoranti sono al limite”. “Servono ristori adeguati: 3 o 4mila euro ad impresa – per giunta erogati con grande ritardo – non possono bastare”, mette in chiaro l’associazione di Confesercenti, “se bar e ristoranti vanno chiusi per il bene di tutti, lo Stato garantisca sostegni consistenti ad imprenditori e lavoratori e si faccia carico delle spese fisse, dalle bollette alle utenze”.

In tutta Italia, intanto, ai colori delle restrizioni governative (giallo, rosse e arancioni) si contrappongono quelli delle proteste. Con un lungo tappeto nero disteso davanti alla Prefettura di Padova, gli esercenti aderenti a Confcommercio Veneto, con Fipe e Appe hanno denunciato la situazione di grave difficoltà del terziario. In Trentino ristoratori e baristi hanno invece inscenato la protesta dei “grembiuli bianchi”: 300 automobili hanno raggiunto in corteo il palazzo del commissariato del Governo Sandro Lombardi al quale sono stati consegnati simbolicamente i propri grembiuli. A Bari, sempre davanti alla Prefettura, alcuni imprenditori del settore della ristorazione hanno apparecchiato un tavolo con sei sedie; “un presidio fisso – ha spiegato Gianni Del Mastro, referente dell’associazione dei ristoratori del Borgo antico – perchè vogliamo mostrare alla cittadinanza e agli esponenti del Governo che la nostra situazione e’ sull’orlo del fallimento e abbiamo bisogno di interventi da parte dello Stato”.

La minaccia di disobbedienza civile, con l’apertura dei locali, sta montando sui social, fa sapere il presidente dell’Epat Torino, Alessandro Mautino. Pure Tutela nazionale imprese lancia l’aut aut: “o ci sono le prove scientifiche che i ristoranti sono luoghi di contagio o apriamo a cena”. “Se entro giovedì non ci saranno risposte né indennizzi – annuncia il portavoce di Tni e presidente di Ristoratori Toscana, Pasquale Naccari – saremo costretti per la sopravvivenza nostra, delle nostre famiglie, dei nostri dipendenti e dei nostri fornitori, a riaprire subito al pubblico i locali anche a cena”. E così quella di Pometto rischia di essere più che una semplice provocazione. Soprattutto se il coprifuoco resterà fissato dalle 22:00 alle 05:00.

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