di Emmanuel Milano
Barone Sergio, azienda vitivinicola siciliana, valorizza il moscato bianco in tutte le sue declinazioni. Si va dalle bollicine prodotte con il metodo ancestrale, rispettando al massimo le uve, al più classico moscato fermo. Portare i profumi e i colori della Sicilia in un bicchiere è la sfida, ambiziosa, dell’azienda, che si è affidata nel 2018 all’enologo Emiliano Falsini. Non a caso, nei moscato Alluccà e Moscà si ritrovano le note agrumate dei limoni, che sono il vanto di questa zona.
Tradizione e rispetto della materia prima sono i punti di forza di una famiglia che produce agrumi da sempre e che negli ultimi anni sta puntando molto sui vigneti che si estendono su 30 ettari. La commercializzazione dei vini è più recente ed è stata avviata nel 2000 da Giovanni Sergio, insieme alle figlie Angela e Luigia.
Barone Sergio è un’azienda che si estende su due terreni adiacenti, le tenute “Le Mandrie” e “Gaudioso”, e si trova in una delle zone più suggestive della Sicilia sud orientale, la Val di Noto; qui si producono soprattutto nero d’avola e moscato insieme ad altri vitigni come il petit verdot, il grillo e il perricone.
Si tratta di terreni che godono di una posizione molto favorevole, su altipiani calcarei, a settanta metri sul livello del mare. E tra i giardini dove matura il limone IGP di Siracusa si estendono i filari delle vigne. Il regime è quello dell’agricoltura integrata che costituisce il gradino precedente al biologico e che prevede solo l’utilizzo di trattamenti naturali a base di zolfo e rame.
Prodotto in appena tremila bottiglie, l’Alluccà è una nuova sfida per la cantina Barone Sergio. Si tratta di un IGT Terre Siciliane frizzante realizzato con il metodo ancestrale, utilizzando moscato bianco in purezza. Un metodo che rispetta al massimo le uve e prevede una rifermentazione naturale in bottiglia, utilizzando solo i lieviti delle bucce.
Una bollicina, Alluccà, fresca e sapida, che porta con l’immaginazione direttamente all’oro intenso delle spiagge assolate di San Gregorio e Capo d’Orlando; perfetta per un aperitivo da degustare al tramonto, magari con una frittura di pesce. Un tramonto siciliano che trova spazio proprio sull’etichetta del vino. Nel bouquet aromatico trovano spazio non solo note agrumate, ma anche profumo di pesca e salvia, con sentori floreali molto sfumati.
Giallo paglierino brillante e più rotondo all’assaggio il Moscà, un DOC siciliano, prodotto anch’esso in 3.000 bottiglie, selezionando le migliori uve del moscato. Vendemmiati a inizio settembre, i grappoli vengono raccolti a mano e la vinificazione, dopo la criomacerazione, avviene in acciaio per 15 giorni a una temperatura di 16 gradi. L’affinamento, sempre in acciaio, ha una durata di circa sei mesi.
Al naso, con le note agrumate di limone, cedro e arancia gialla, risaltano anche la pesca, la mela golden, il gelsomino e l’uva spina. Al palato è fresco e gradevole; l’agrume ha giusta maturità, favorendo una netta riduzione della percezione acida a tutto vantaggio della bevibilità. Si tratta di un vino molto duttile che si abbina con piatti di pesce, formaggi a pasta molle e fritture. Alla maggiore struttura rispetto all’Alluccà corrisponde un grado alcolico più alto che arriva a 13%.
La Val di Noto è anche la culla del nero d’avola, vitigno che è protagonista assoluto nel “Sergio”, il rosso della cantina prodotto in 20.000 bottiglie. In questo caso si vendemmia più tardi, tra la fine di settembre e la prima settimana di ottobre. La raccolta dei grappoli è manuale. La fermentazione, che dura una ventina di giorni, e l’affinamento di circa 15 mesi, avvengono entrambi in acciaio, e probabilmente un breve passaggio in legno darebbe al vino maggiore profondità. Il risultato è un nero d’avola in purezza, dal colore rosso porpora, tendente al violaceo.
Al naso il profumo prevalente è quello di liquirizia, che si abbina a frutti rossi, come amarena e prugna; con il passare del tempo emergono anche note di grafite. All’assaggio, questo DOC siciliano, è piacevole e scorrevole, ma un po’ debole di corpo, risultato di un’annata, la 2018, non troppo felice. Ma dall’azienda assicurano che la 2019 e la 2020 sono decisamente migliori e offriranno un tannino più croccante e armonico. L’abbinamento ideale è con primi piatti con sughi di carne, arrosti e formaggi semi stagionati.