La ristorazione esce malconcia dal lockdown. E il gourmet, come emerge da un’indagine di TradeLab, è in fondo ai desideri degli italiani nel fuori casa. Se poi un pluripremiato 2 Stelle Michelin come il Noma di Copenhagen riparte dall’hamburger, significa che qualcosa non va davvero. In un contesto di economia depressa e con il taglio dei coperti, solo chi ha le spalle molto larghe può permettersi la scommessa della ripartenza da dove ci si era fermati e senza i turisti a riempire le sale. E delivery e take away non bastano a fare cassa. “Dobbiamo guarire, quindi beviamo un bicchiere e gustiamo un hamburger», ha scritto lo Chef René Redzepi annunciando il nuovo temporary con un post su Instagram. Passata l’estate si vedrà quando e come riaprire il nuovo Noma. E non è un caso se a Roma, su 21 ristoranti stellati, solo 13 hanno riaperto o hanno anunciato che riapriranno.
Essendo l’hamburger anch’esso in coda ai desideri fuori casa – pur doppiando il fine dining -, da noi è la pizza a diventare il simbolo della ripartenza. Ne sono testimonianza la nascita di RetroPizza, l’ultima trovata dei ragazzi di Retrobottega, ma anche il nuovo DaV Cantalupa della famiglia Cerea che apre con il disco di pasta più amato dagli italiani reinterpretato con gusto contemporaneo (in teglia e al vapore). Persiono una delle più celebri insegne della ristorazione romana, Roscioli, si butta sulla pizza annunciando l’apertura di “Rosciolino” al centro sportivo Play Pisana.
“È un progetto temporaneo e agile, dettato dal momento, in attesa di tornare a offrire i nostri piatti consueti”, spiega Giuseppe Lo Iudice che insieme ad Alessandro Miocchi ha ideato Retropizza. Non un’altra diversificazione sotto l’insegna RetroBottega, quindi, piuttosto una parentesi. “Mantenere tutto inalterato e proseguire con l’offerta classica del ristorante ci è parso fuori tempo – aggiunge Miocchi – oltre che poco sostenibile, sia per quanto riguarda la natura complessa dei piatti di RetroBottega, che richiedono tempo, energie, tecniche e un’elaborazione lunga e meticolosa, sia per quanto riguarda la necessità di adeguare il locale alle nuove normative”. Tutte le porte di via della Stelletta si concentrano perciò sui lievitati. Anche qui, come per il Noma, finchè si capirà qualcosa in più del futuro. E a dispetto della concorrenza del delivery, dove pizza (e hamburger) sono i due piatti più ordinati.
Tra gli stellati di Roma che hanno deciso di non riaprire c’è Metamorfosi. “Abbbiamo deciso di aspettare ancora un po’ di tempo. Non vediamo l’ora di accendere i fornelli, le luci e accogliervi con gioia, ma vogliamo farlo in sicurezza e, sopratutto, in serenità perciò preferiamo attendere e vedere come evolve la situazione”, si legge sulla pagina Facebook del ristorante. Lo chef Roy Caceres, intanto, si dedica a sviluppare un altro format già rodato col delivery nella quarantena: “Carnal“. “Una cucina vera, diretta al divertimento del cliente senza i paletti del finedining” è quello che vuole trasmettere Caceres con i soci Riccardo Paglia e Andrea Racobaldo. Il locale di Prati è ispirato alla Colombia, terra di origine dello chef, al Messico dove ha vissuto, e all’America Latina in genarale oltre che alla filosofia della cucina italiana. Insomma, l’idea del viaggio, ma da casa, che in tempi di Covid suona come un azzeccato déjà vu (il delivery resta anche in Fase 2).
La pizza e il sudamericano per essere vicini alla clientela, e fare un po’ di fatturato sperando che passi presto la nottata, sembrano buone idee. Ma il nemico numero uno da battere, ora che i contagi sono al minimo, è la “sindrome della capanna“. Secondo l’ultima indagine di Metrica Ricerche, solo il 33% delle persone dichiara che con la riapertura tornerà a frequentare bar e ristoranti come prima (era il 52% a inizio aprile). Il nemico numero due si chiama ripianificazione delle spese per la preoccupazione dell’impatto economico della crisi: se necessario nei prossimi sei mesi il 49% degli italiani afferma che interverrà riducendo quelle per la ristorazione.
“Per ciò che riguarda la ristorazione e i consumi fuori casa, la crisi attuale non è assolutamente paragonabile per natura e dimensione a quelle precedenti”, spiega un Report di TradeLab, “in questa situazione, infatti, a condizionare le risposte non sono solo le previsioni sulle possibili ristrettezze economiche: bar e ristoranti sono colpiti da una “crisi di valore” per il fatto che devono essere frequentati in modo decisamente condizionato e poco conviviale a causa dei timori dei consumatori per la propria salute e delle limitazioni imposte dai protocolli di sicurezza”.
Ecco perchè tanti hanno diversificato col take away affiancato al delivery. E qual è il prodotto che si presta meglio all’asporto se non la pasticceria? “Abbiamo sfruttato questo momento di inattività per riflettere e, come ogni cosa negativa, ha portato con sé una grande voglia di ripartire al massimo, mettendoci in gioco di nuovo, aprendo una nuova porta davanti a noi”, afferma Antonio Ziantoni, chef del Ristorante Zia che ha aperto door to door – Zia pasticceria firmata dal pastry chef Christian Marasca. Dove prima c’era l’ingresso per lo staff, ora c’è una porta verde che è diventata il simbolo di una nuova avventura. Il colore della speranza nel bianco e nero della ripartenza.