“Penna d’Oca è un progetto ambizioso e complesso che non risponde a logiche di moda: a noi non interessa proporre l’aperitivo, piuttosto fidelizzare quanti amano il circuito gourmet-creativo”, mi spiega l’Executive Chef Massimiliano Valenti quando arrivo al ristorantino di appena trenta coperti, riaperto a ottobre a pochi passi da piazza del Popolo. Un locale riservato, un “gioiellino” come ama definirlo il patron Bashar Assad, che punta a diventare meta capitolina per gli amanti della cucina ricercata.
Originario di Salina, con una formazione eclettica tra l’Italia, New York e la Francia, Valenti fa della cucina mediterranea il suo punto di partenza, con le materie prime, pesce in testa, che lo Chef lavora rispettandone al massimo la naturalezza. “Da bambino, era estate, mi trovavo in vacanza a Salina”, mi racconta Valenti, “un giorno stavamo facendo una gita in barca con mio padre e, all’ora del pranzo, il pescatore che ci faceva da guida tira fuori un fornelletto a gas e ci cucina gli spaghetti con le vongole utilizzando solo i molluschi e acqua di mare: un sapore che non ho mai più dimenticato! Cerco di cucinare seguendo lo stesso principio, eliminando il sale dal bollitore e lasciando alla sapidità naturale degli ingredienti il compito di convincere e coinvolgere il palato”.
Solo quando è indispensabile, Valenti utilizza salgemma, che provvede lui stesso ad aromatizzare, e sceglie le cotture a bassa temperatura per ottenere il migliore risultato sul prodotto. Per il suo cestino del pane adopera il lievito madre e ripropone il tozzotto, pane tradizionale di Castel Madama dove vive con la sua famiglia. Pure gran parte delle paste sono fatte in casa (quella all’uovo è da 30 tuorli).
Come testimoniano i suoi post su Facebook, Valenti considera la cucina un laboratorio, dove si esercita instancabilmente alla ricerca continua del piatto completo. Non a caso, Sergio Herman e Massimo Bottura sono i suoi punti di riferimento. Affascinato dalla cucina orientale, studia anche i piatti e lo stile dello chef thailandese Wuttisak Wuttiamporn.
Molto interessanti, tra le portate che ho avuto l’onore di assaggiare, la “Chitarrina di grano arso, crudo-cotto di Ricciola, salicornia, pomodoro nero e timo-limone” (in basso a destra nell’immagine di apertura) e la “Burrata ripiena di scampi, fieno di erbe aromatiche leggere, olio nuovo e polvere di nero di seppia” (in alto a sinistra). La carte per il momento è articolata ma l’obiettivo, mi dice lo Chef, è quello di arrivare a un menù ridotto con un’offerta slim composta da: tre antipasti, tre primi e tre secondi da variare ogni tre mesi.
La Penna d’Oca propone a latere tre menù degustazione, che Valenti compone al momento secondo il Kaiseki giapponese cercando armonia di gusti, motivi e colori: “I colori dell’anima” e “Sapore mediterraneo” (8 portate con 2 vini alla mescita, 80€) e “Creativa di mare” (10 portate con 2 vini, 100€).
Anche la carta dei vini risponde a una logica di ricerca continua che il Sommelier Alessandro Di Biasio indirizza in particolare sui vini del circuito “Vigneron Indépendant” e Fivi. Selezione, quindi, non accademica e certamente non banale. Quello di Valenti e Assad è un progetto ambizioso e interessante con grandi potenzialità.
La Penna d’Oca, Via della Penna, 53 Roma. Tel 063202898 Sito – Facebook
LA SCHEDA di GUGSTO
cucina: 7
servizio: 7
ambiente: 7
rapporto qualità/prezzo: 7
prezzo medio per antipasto, primo e dolce: 48€ (bevande escluse)