Lord Byron non c’è mai stato ma gli sarebbe sicuramente piaciuto l’albergo che porta il suo nome. Ci troviamo ai Parioli – quelli alti di via dei Monti Parioli -, ai bordi di Villa Borghese e a pochi minuti a piedi dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea. La villa che oggi è il Lord Byron Hotel risale al 1939 e, con le sue sole 28 camere, ha mantenuto interamente lo stile della residenza privata curata in ogni dettaglio e adornata di opere d’arte. Alle pareti si trovano quadri di pittori come Maurice Paul Joron e Nicholas Granger Taylor.
La “piccola casa bianca”, soprannome che gli è stato dato per il colore del suo esterno, è meta ideale per quanti cercano privacy e discrezione, oltre che tranquillità, anche per questo fa parte del club Small Luxury Hotel. Arredato con pezzi unici in stile Art-Decò, secondo il gusto del proprietario Amedeo Ottaviani, il Lord Byron vuole offrire in tutto e per tutto l’accoglienza e il calore di casa. E cosa rende una casa ancora più accogliente se non una buona cucina?
Il ristorante Sapori del Lord Byron propone una cucina di base italiana ma dalle influenze internazionali molto interessante; risultato dell’esperienza di vita e di scuola dello Chef Jean Luc Fruneau, non artificio in vitro; contaminazione, commistione, non “fusion”. Partito da Nantes, nel cuore della Loira, Fruneau ha intrapreso giovanissimo un viaggio di ricerca culinaria tra Europa, Nord Africa e Caribe. A Parigi è allievo di Michel Roux al Charlot Roi, dove apprende i segreti della cucina tradizionale francese e assiste all’avvento della nouvelle cuisine; a Londra acquisisce lo sguardo globale che lo porta in terre più esotiche, fino ad approdare in Sicilia; fa tappa a Milano, dove lavora per il Principe di Savoia, e sul Lago di Como (Villa Serbelloni) prima di trovare la sua casa a Roma.
Executive del Sapori dal 2016, Fruneau si dedica alla ricerca della materia prima, del prodotto, come fattore principale del piatto (i suoi menù sono rigorosamente stagionali); parte dalla cucina casalinga tradizionale e la contamina senza rompere però gli equilibri dei sapori. Il menù è di per sè un viaggio, non lineare ma trasversale tra culture e ricette.
Si parte con l’omaggio dello Chef, un carpaccio di barbabietole marinate all’umeboshi, misticanza e parmigiano (€ 12); seguono gli scampi cotti e crudi con stracciatella di bufala e zuppetta di agretti (€ 18); si arriva quindi al piatto che, di per sè, vale la visita al Sapori: il risotto vialone nano agli asparagi, bergamotto e liquirizia (raro mangiare un risotto così delizioso, € 17). Il secondo piatto è un divertente e abbondante trancio di ricciola al tandoori, friggitelli, farinata di ceci e olive di Gaeta (€ 25) che mi fa pensare al Messico ma col Messico non centra nulla. Si conclude con i bignè in crema di tiramisù all’amaretto (€ 15). I piatti sono nuovi senza essere per forza “innovativi”, l’impiattamento non va a scapito della sostanza, la semplicità è allo stesso tempo resa complessa dall’eclettismo. Una bellissima scoperta.
PS Non capita spesso di mangiare in porcellane Richard Ginori e posate Sambonet, al Sapori è la norma. E i prezzi sono un vero invito alla prova per un Cinque Stelle.
Ristorante Sapori C/o Hotel Lord Byron, via G. De Notaris, Roma. Tel 063220404 Sito – Pagina Facebook