Il cibo del futuro, tra sushi anni ’80 e nuovi trend dei 2000. Cosa avreste pensato se nel 1980 vi avessero detto che tempo vent’anni e avreste mangiato il pesce crudo come la pizza? Perché alla fine questo è accaduto col sushi. Da cibo di nicchia – un po’ snob e molto status symbol – dello youppiesmo anni ‘80 (i giovani rampanti di Wall Street) è diventato via via fenomeno di massa, tanto che ora lo si trova anche con la formula “all you can eat” tornando in qualche modo alle origini. Sì perché in Giappone, dove è nato nell’800, è considerato da sempre cibo di strada.
Quale sarà il cibo dei 2000? O meglio, quale sarà il cibo che oggi non ci sogneremmo mai di mangiare e che, invece, tra 20-30 anni potremmo trovare anche sui banchi dei nostri mercati?
La risposta non è semplice né immediata, ma pensandoci bene c’è. Gli insetti. No, non fate smorfie schifate. Anche al pesce crudo avreste risposto con un sonoro “Blahh!” nel 1980; nonostante da noi fosse usanza diffusissima tra i pescatori “assaggiare” la minutaglia del pescato (polpetti, moscardini, seppioline, alicette…) e in alcune Regioni, come la Puglia, mangiare pesce crudo è parte di un’antica tradizione. Io stesso in Calabria, da bambino, mangiavo i ricci aperti appena pescati.
E’ vero, noi, come italiani, non abbiamo una tradizione curinaria fatta diinsetti. A parte il caso molto particolare del formaggio coi vermi, il casu frazigu o casu marzu sardo, che esiste in diverse varianti regionali (marcetto o cace fraceche in Abruzzo, gorgonzola co-i grilli in Liguria,salterello in Friuli, furmai nis in Emilia Romagna, rmag punt in Puglia,casu du quagghiu in Calabria, caciè punt in Molise, bross ch’a marcia in Piemonte). Mai provato e, forse, è l’unica cosa che non assaggerei mai (l’idea delle larve di mosca proprio non riesco a superarla).
Invece – e mai l’avrei detto – ho avuto occasione di assaggiare un insetto. Sì, una bella formica “Culona” colombiana abbrustolita che una mia collega ha portato con se’ dal suo viaggio in quel paese. A Hong Kong non ce l’ho fatta, sarà che li ho visti vivi e vegeti nelle loro belle confezioni da asporto al mercato degli uccelli. Il gusto della formicona è tra l’arachide e il mais tostato. Da aperitivo. In Sud America gli attribuiscono infallibili proprietà afrodisiache. Ma non le ho riscontrate, forse per via della quantità, una sola formica sarà un po’ poco…(?)
Formiche, grilli, cavallette, locuste, termiti, larve di falene, farfalle, coleotteri, ma anche api, vespe, cocciniglie, cimici, ragni, scorpioni e vermi vengono consumati – incredibile ma vero – da due miliardi di persone nel mondo, soprattutto in Oriente. E sono ricchissimi di proteine, grassi essenziali, minerali e fibre. La FAO non ha dubbi, “gli insetti sono un cibo sostenibile per l’umanità” perché economici, nutrienti, ecologici. L’Expo di Milano non poteva certo ignorare una componente alimentare che fa parte delle diete tradizionali di un terzo della popolazione mondiale e che potrebbe quindi essere essenziale per combattere la fame: nel Future food district si possono trovare così in esposizione confezioni snack di larve, cavallette, scorpioni, termiti, scarafaggi e anche spiedini misti.
A chi storce il naso, si potrebbe far notare che nella nostra alimentazione ci sono già cose un pò “strane”, come lumache e rane, per esempio, e che miele, propoli e pappa reale non sono altro che secrezioni delle api. E già gli antichi romani consideravano alcuni insetti vere leccornie, un loro piatto tipico consisteva in grossi bruchi xilofagi (che si nutrono di legno) cotti su pietre bollenti e quindi conditi con il miele.
Ma si dirà, e il problema sanitario? In realtà non c’è (sempre che gli allevamenti siano controllati). Gli insetti portano meno malattie di polli e maiali, con i quali condividiamo parte del Dna, e uno dei vantaggi è proprio che hanno zero possibilità di portare malattie genetiche. Il rischio maggiore – essendo gli insetti parenti dei crostacei – è quello delle allergie.
Il dato di fatto è che ci sono anche fior di ristoranti in Occidente che ormai hanno gli insetti nei loro menù. Come Ento, a Londra. Nata da un’idea di quattro giovani amici, si presenta come “start-up alimentareche crea deliziosi, sani e sostenibili cibi con insetti commestibili”.
Non solo progetti sperimentali. Gli insetti vengono presi in considerazione anche dagli chef stellati. Come nel caso di René Redzepi, proprietario del Noma di Copenaghen, considerato il terzo ristorante migliore al mondo da The World’s 50 Best Restaurants(“Time” gli ha dedicato una copertina nel 2012), dove è possibile ordinare il garum di cavallette (una salsa di pesce fermentata con orzo, cavallette, larve di scarabeo e sale ) o il “Live ants with crème fraîche”, cioè formiche vive con crema acida.
Se vi trovate a passare da Nizza, invece, potete fare un salto al ristorante Aphrodite, dove lo chef stellato David Faure ha ideato un intero menu a base di insetti, compresa la piccola pasticceria: biscotti e pasticcini con simpatici vermetti al posto di uvetta e canditi! A Gerusalemme, invece, lo chef Moshe Basson del ristoranteEucalyptus, propone farfalle e locuste fritte, con pomodori, timo e pesto di peperoni arrosto; mentre Alex Atala, chef del DOM di San Paolo (protagonista anch’esso di una copertina di “Time” nel 2013), consiglia in particolare le formiche amazzoniche, che, assicura, sorprendono sempre per il loro gusto piccante e asprigno, simile al lemon-grass.
In Italia un tentativo c’è stato di portare in tavola insetti, ma l’Asl l’ha subito fermato. La Sidreria, questo il nome del locale milanese, aveva organizzato per il 27 e 28 ottobre scorso, due cene intitolate “Crunch…!” con un menu a base di insetti commestibili (a 30 euro, con acqua e sidro illimitato). Per le due serate si sono sfiorate le 250 prenotazioni, ma i commensali hanno degustato solo la prima cena, mentre la seconda è stata interrotta dall’intervento dei medici veterinari dell’azienda sanitaria.
La realtà è che a livello europeo manca un regolamento specifico e quindi non c’è armonizzazione nelle leggi dei singoli Stati. Per questo motivo alcuni paesi, come la Francia, hanno già iniziato ad allevare e commercializzare insetti col solo vincolo di non effettuare scambi comunitari con altri paesi. In Italia gli insetti non rientrando nella categoria dei cibi “tradizionalmente” consumati e devono affrontare un iter specifico ed essere approvati dalle autorità competenti prima di arrivare sul mercato (fonte ilfattoalimentare.it).
Nonostante Carlo Cracco abbia dedicato agli insetti un piatto della tradizione italiana (locuste brasate al vino rosso) e anche fossero superate le difficoltà legislative, difficilmente diverremo tutti entomofagi (dal greco éntomos, “insetto”, e phăgein, “mangiare”) tra qualche decennio. Ma è possibile che fra 20 o 30 anni mangiare cibi a base di insetti sarà meno tabù anche da noi.
Nel frattempo, qualche viaggiatore intraprendente può sperimentare in giro per il mondo. Per gli aspiranti “Ento” c’è pure una guida ad hoc divisa per Continenti, la EntoTour. Che dire, buon viaggio e buon appetito!